riassunto libro la mente umana, CAPITOLO 1

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mikyemuska
view post Posted on 19/11/2008, 11:22




CAPITOLO 1

Cap.1

Introduzione allo studio della scienza cognitiva

La scienza cognitiva può essere definita come la disciplina che studia i processi cognitivi e oiù in generale la mente.
La nostra prospettiva è prevalentemente psicologica ovvero lo studio della mete viene inserito nel più generale piano dello studio del comportamento umano, inteso come agire dell’uomo inserito nell’ambiente e condizionato dall’evoluzione della mente umana; un’evoluzione che ha attraversato la storia dell’uomo e che quindi non può prescindere del suo ambiente e dalle basi biologiche nel corpo nel quale è inserita.
L’evoluzione della mente umana è orientata al raggiungimento di un obiettivo specifico(sopravvivenza della specie) e una serie di obiettivi parziali e locali che permettono il mantenimento dell’equilibrio tra organismo e ambiente.
Si può giungere quindi a una prima definizione: “la mente rappresenta il passaggio evolutivo da un adattamento meccanico ad un adattamento intelligente”.


Inquadramento storico

L’origine della scienza cognitiva può essere fatta risalire alle riflessioni filosofiche sulla natura della mente e dell’agire umano. A tale proposito vengono citate teorie tra loro contrapposte.
1)Teorie di Platone: a cui viene fatta salire la tradizione razionalistica, secondo cui la produzione della conoscenza(compito basilare della mente) si basa su idee innate indipendenti dall’esperienza concreta.
2)Teoria di Aristotele: a cui viene associata la tradizione empiristica, secondo cui la produzione della conoscenza avviene attraverso l’esperienza quotidiana.
La mente è quindi predisposta ad apprendere dall’esperienza e non contano concetti innati o di base.

Il dibattito tra queste due teorie è ancora molto vivo all0interno dell’attuale scienza cognitiva.

Senza approfondire queste teorie, passiamo alla psicologia scientifiche è un campo chiave per noi della scienza cognitiva.
La psicologia rappresenta una disciplina scientifica natta apparentemente nel XVII secolo, ma che in realtà è sempre stata presente nel bagaglio intellettuale dell’uomo. Gli scritti antichi sono pieni di trattati di psicologia, elaborati allo scopo di comprendere il comportamento umano e magari condizionarlo. Tuttavia il termine psicologia fece la propria comparsa solo nel 600, quando era ancora nell’ombra di filosofia, teologia, magnetismo.
Nel XIX nasce la sociologia, si sviluppa la psichiatria romantica e la neurologia moderna, le quali contribuiscono allo sviluppo della psicologia scientifica che nel 1879 presso l’università di Lipsia ebbe il suo primo laboratorio fondato Wundt che diede origine a un intera generazione di psicologi europei ed americani.
A partire da Lipsia numerosi laboratori furono istituiti in diverse uni che contribuirono alla diffusione della psicologia scientifica.
I paradigmi di ricerca più estesi e sofisticati furono: strutturalismo di Wundt, comportamentismo di Watson e Skinner.
Dopo il manifesto dfi Watson nel 1913 il comportamentismo divenne la corrente psicologica prevalente nel mondo statunitense. Il successo del comportamentismo è dovuto alla modernità di tale approccio, teso a implementare una metodologia scientifica rigorosa che si basa su prove empiriche e non sul metodo introspettivo che dava poche garanzie.
Il nuovo metodo portò all’incontro tra psicologo ed epistemologo(epistemologia: branca della filosofia che studia la conoscenza o meglio il modo di produrre di conoscenza).
Per quanto ancora acerba la psicologia rivendica un proprio spazio e questo è reso possibile solo dopo la revisione dei metodi scientifici. La psicologia viene ridotta allo studio del comportamento, passando dalla scienza della psiche alla scienza del comportamento, da cui il termine comportamentismo(1913).
Watson nega la possibilità per una psicologia che vuole dirsi scientifica di indagare gli stati mentali in quanto non empirici.
Questo passaggio è visto ad un secolo di distanza, infatti con Watson viene superato legato allo studio della psiche che non poteva produrre prove empiriche e il legame tra dato e interpretato era debole.
Watson stabilì alcuni punti chiave della psicologia scientifica:
1) lo studio di ciò che è osservabile quindi misurabile(comportamento)
2) l’inutilità del termine psiche(mente)
3) possibilità di estendere i dati sugli animali all’uomo
4) utilizzo di un paradigma di ricerca semplice adattabile e replicabile

A questo proposito citiamo i lavori di Pavlov fisiologo russo) che fondò la scuola di riflessuologia basata sullo studio del condizionamento; grazie ad una serie di osservazioni sugli animali, teorizzò che l’apprendimento animale ed umano fosse basato sull’associazione tra stimoli neutri in grado di elicitare risposte riflesse in modo naturale e stimoli condizionati in grado di eliciatre risposte condizionate.
Ai primi degli anni ’20 il programma comportamentista conobbe il monopolio della psicologia nordamericana. Il primo comportamentismo di Watson descrive un uomo che nasce con un bagaglio minimo di riflessi e capacità, l’intera personalità si sviluppa a seguito di condizionamenti successivi, attraverso l’esperienza.
Dopo il radicalismo di Watson seguono altri studi: Skinner(condizionamento operante che spiega l’apprendimento umano inserito nel contesto ambientale, ovvero richiede al soggetto di agire sull’ambiente e di valutare la propria azione in base al risultato ottenuto. All’azione adeguata corrisponde un rinforzo a cui segue uno specifici apprendimento).
Tolmann(anni ‘30, ipotizza una forma di apprendimento latente).
Con la seconda guerra, nasce l’informatica e in seguito l’intelligenza artificiale, che saranno uno spunto ad alcune teorie logiche e matematiche.
Negli anni 1931-39 in varie università americane si diffonde la scuola della Gestalt(Wetheier), si distingue dal comportamentismo perché l’esperienza sensoriale non gioca più un ruolo fondamentale, ma è l’organismo a trovare la forma(gestalt) all’interno dell’ambiente(es :movimento apparente).
La fine della seconda guerra mondiale segna il passaggio al primo cognitivismo , che comunque non esclude alcuni aspetti del comportamentismo(ad esempio la natura pulsionale dell’uomo).
Il 1956 è un anno di svolta perché nel meeting svoltosi a Cambridge vennero esposte tesi che segnarono i decenni successivi. È nel 1966 che venne ufficialmente utilizzato il termine cognitivismo. Esso seguì la strada del comportamentismo. La mente veniva suddivisa in tanti piccoli processi, ma non veniva data attenzione alla globalità, ovvero all’interazione tra i diversi processi. Alla fine degli anni 70 viene inaugurato lo human information processing, secondo cui vengono studiati processi cognitivi considerandoli come processi di elaboraione delle informazioni in entrata, al fine di produrre output in uscita.
Secondo il primo cognitivismo la mente viene studiata in senso computazionale(si cercano algoritmi per svolgere le funzioni).
L’indagine micro era ancora limitata però e negli anni 80 sfociò nella consapevolezza che la mente deve essere studiata nella globalità e non in modo segmentario.


Sviluppi della scienza cognitiva

I contributi della filosofia, della logica e dell’informatica furono determinanti per la realizzazione di modelli computazionali, secondo i quali la mente può essere descritta come un elaboratore di rappresentazioni e simboli, indipendenti dalla struttura di base dell’elaboratore, cioè il cervello. Secondo questo approccio un processo cognitivo consiste in un processo di calcolo il cui flusso è regolato da un algoritmo o da un programma allo scopo di semplificare la complessità del processo.
Ci avviciniamo a un approccio simbolico o connessionista che rappresenta una base concettuale utile a raggiungere gli scopi della scienza cognitiva.
I modelli simbolici non definiscono il significato del simbolo ma di studiare i processi combinatori. Secondo cui la conoscenza è rappresentata da un insieme di simboli.
L’approccio subsimbolico si sviluppa a partire dai primi modelli delle reti neuronali, secondo tale approccio la conoscenza non nasce dall’insieme di simboli ma dalla relazione tra i singoli simboli.
Esempio: analizzando il processo di lettura, secondo l’approccio ha valore la singola lettera(il simbolo) mentre secondo il modello subsimbolico partiremmo dai tratti che costituiscono le singole lettere, un tarrtto di per se non ha significato ma unito ad altri può dare origine alla lettera.
I modelli cognitivi basati su questo secondo approccio sono detti connessionisti(si basano sulla realizzazione di una struttura di connessione chiamata rete neuronale).
All’inizio secondo tale approccio le reti neuronali si sono mostrate capaci di imparare dall’esperienza ma successivamente si è visto che le reti neuronali non sono in grado di apprendere solo dall’esperienza ma necessitano di conoscenze iniziali che dipendono dal programmatore.
A partire dal 1985 questo approccio è predominante ma non ancora per molto.


Oltre ai modelli computazionali della mente

Una svolta fondamentale è determinata dall’avvento delle tecniche di neuroimaging che consentono di visualizzare le strutture encefaliche in vivo e durante l’esecuzione di compiti cognitivi(1986 Peterson la pet) per la prima volta la mente viene studiata concretamente e non come un modello matematico.
Negli anni 90 la scienza cognitiva è dominata dagli studi condotti con l’utilizzo di queste tecniche che mettono in evidenza il rapporto tra comportamento e funzione delle strutture cerebrali profonde.Questa fase è detto neurocognitivismo in cui si collezionano una miriade di esperimenti e la difficoltà è legata alla sintesi degli stessi. Le teorie che nascono da questi ultimi studi si chiamano “teorie della complessità”, un concetto significativo che nasce dagli ultimi studi è quello di fenomeno emergente sorto in ambito biologico,all’inizio del XX secolo, rappresenta un concetto chiave nella comprensione di alcuni fenomeni mentali, come la coscienza.
Un fenomeno emergente deriva dalla combinazione di una serie di parametri il cui risultato non è comprensibile a partire da essi ma deriva dall’interazione tra i singoli parametri di base.
Il fenomeno complesso invece deriva dai parametri di base ma non si rispecchia i n essi.
I fenomeni di autoorganizzazione rientrano in questo quadro (es:storni di uccelli,banchi di pesci si comportano in modo autoorganizzato) . Sa facciamo riferimento al cervello, basato su unità semplici ed una vastità di interconnessioni, possiamo vedere come ciascuna unità non è significativa ma assume significato durante l’interconnessione.
Un pensiero non è riconducibile all’attività di un determinato insieme di neuroni, le proprietà di un pensiero non appartengono alle proprietà di un neurone. L’effetto che un pensiero può avere sull’ambiente, non può essere dedotto dalla struttura biologica dal quale esso deriva, quando parliamo di pensiero ci riferiamo a quello cosciente, e quindi ai fenomeni della coscienza che viene descritta come un fenomeno emergente.
Le teorie della complessità offrono gli strumenti e i concetti adatti a comprendere le precondizioni dello sviluppo della mente.


La mente e la produzione della conoscenza

Per comprendere a fondo il funzionamento della mente, è necessario soffermarsi sulla funzione che i processi cognitivi svolgono nella direzione della complessità, in quale modo tali processi concorrono a raggiungere gli obiettivi dell’organismo che si distinguono in prossimali(riferibili ai piani di azione stabiliti per avvicinarci a un traguardo es:comprare il pane) e più generali che ragolano il rapporto organismo-ambiente. Una funzione chiave del sistema cognitivo è rappresentata dalla costruzione di un sistema di conoscenza utile al raggiungimento di tali obiettivi.
Per conoscenza intendiamo l’insieme delle informazioni che l’individuo ha codificato a partire dall’esperienza quotidiana. L’organizzazione della conoscenza ha inizio con lo sviluppo fetale del sistema nervoso centrale. Il bambino è estremamente aperto all’ambiento estrerno, tuttavia la capacità esperienziale dell’organismo è limitata in quanto il bambino è dipendente da altre persone e ha scarse capacità di esplorazione dell’ambiente.
L’organizzazione della conoscenza ha un carattere di economia(ad esempio con l’uso di metafore) e parsimonia, ciò fa si che a volte sia la realtà ad adeguarsi alle strutture di conoscenza, le quali possono essere utilizzate anche per gestire dati e situazioni nuove.



Le forme mentali dell’esperienza

L’organismo entrando in contatto con l’ambiente, acquisisce esperienza, a partire da essa, la mente costruisce delle rappresentazioni che contengono la conoscenza.
Uno dei principi chiave di questo meccanismo è rappresentato dal processo di categorizzazione dell’esperienza.
Il processo di categorizzazione è quel processo mediante il quale, l’individuo inserisce in categorie le rappresentazioni mentali che permettono di riconoscere oggetti ed eventi della vita reale, tale processo è basato su regole contate dal sistema cognitivo in base alle quali si creano le condizioni di categorizzazione della realtà.. L’applicazione di queste regole è indipendente da come l’oggetto viene percepito, questo prevede non solo la presenza di competenze innate,ma anche di ampie conoscenze innate.
Un modello alternativo del processo, prevede l’utilizzo di un prototipo.
SecondoRosc (1999) il prototipo di una categoria può essere formato in molti modi:
1. in base alle proprietà statistiche di alcune caratteristiche
2. in basead esempi ideali, resi salienti per qualche loro caratteristica
3. in base a motivi personali
I prototipi non sono astratti ma ricchi di caratteristiche percettive, sensoriali ed immaginative.
Il processo di categorizzazione, si svolge in vari livelli:
• livello base o livello iniziale, nel quale l’oggetto percepito attiva la propria rappresentazione in memoria. È un livello privilegiato del sistema cognitivo in quanto è il più usato per interagire con la realtà, l’uso di qusto livello rende il processo di categorizzazione veloce e permette una efficace interazione con la realtà senza bisogno di accedere a info più approfondite.
• Livello subordinato do gli elementi sono più simili tra loro, è necessario avere maggiori info.
• Livello superordinato in cui gli elementi condividono solo alcune caratteristiche


Le immagini mentali

Il cervello e quindi la mente è in grado di elaborare altre rappresentazioni della reltà che possiamo chiamare immagini mentali.
Numerosi studi hanno messo in evidenza l’esistenza dell’immagine mentale in quanto struttura di conoscenza, utilizzata dalla mente per rappresentare il mondo, in parallelo alle rappresentazioni preposizionali. L’utilizzo delle immagini mentali permette di cogliere relazioni analogiche in modo più veloce e creativo rispetto ad una forma preposizionale.
Possiamo pensare al sistema analogico, come un sistema primitivo della mente che si è sviluppato all’interno dell’organismo in stretta interazione con lo sviluppo del corpo e del modo di fare esperienza e al sistema di rappresentazione di immagine collegato al coordinamento del movimente che a sua volta è collegato al sistema di elaborazione analogica degli stimoli.

riassunto a cura di: Cinzia Bonali

E' inutile sottolineare che i riassunti sono soggettivi e che ognuno ovviamente è libero di interpretarli diversamente. L?autrice inoltre consiglia di rivedere l'ultima parte sulle immagini mentali.


Grazie Cinzia.
Attendiamo anche gli altri riassunti
ciao

Edited by aperegina85 - 21/11/2008, 10:37
 
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saravb
view post Posted on 19/11/2008, 13:53




grazie mille...! mi sdebiterò!
 
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fiore73
view post Posted on 19/11/2008, 15:42




Grazie!!! ricambierò per prossimi esami..!
 
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chiarailaria
view post Posted on 4/2/2010, 11:26




Ciao, sono una studentessa lavoratrice, qualcuno può inviarmi i riassunti del libro la mente umana e la scelta imperfetta? La mia mail è: [email protected], grazie a tutti
 
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Offinfots
view post Posted on 10/9/2010, 09:41




Hey all! I am new at this forum. Just wanted to greet all of you :)
 
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4 replies since 19/11/2008, 11:22   7730 views
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